Da un punto di vista numerico, gli studenti con disabilità visiva
sono assai numerosi; secondo una stima del Ministero dell'educazione, in
Italia gli alunni ipovedenti sono almeno tre volte più numerosi dei
ciechi; in altre sedi si stima che circa l’80% di alunni con problemi
visivi è ipovedente.
Nonostante i dati delle diverse fonti dati non siano perfettamente concordi, è evidente
che gli studenti ipovedenti rappresentano una popolazione numericamente rilevante.
Mentre è abbastanza comprensibile, da parte di tutti, che cosa caratterizza
sul piano funzionale la situazione di cecità, non è così facile
afferrare il significato di "ipovisione", il cui termine suggerisce
intuitivamente una generica idea di "vista deficitaria "; ma sotto
la definizione di ipovedente è compresa una varietà di situazioni
visive che non sono tutte uniformi, per caratteristiche e per conseguenti limitazioni.
Per capire meglio è opportuno ricordare quali sono i principali elementi
caratterizzanti la funzione visiva.
La funzione visiva secondo la definizione e classificazione delle minorazioni
visive è costituita da capacità percettive
specifiche (acutezza visiva, campo visivo, sensibilità al contrasto,
percezione dei colori ecc.) ciascuna delle quali contribuisce in diversa misura
a definire la soglia di funzionalità ottimale della percezione; in particolare
due sono i parametri fondamentali: l’acutezza visiva ed il campo visivo.
L’acutezza visiva è la capacità di riconoscere nei minimi
dettagli l'oggetto osservato; quando è compromessa, la persona (anche
se provvista della migliore correzione possibile con eventuali ausili ottici)
non riesce a distinguere nettamente i contorni e i dettagli degli oggetti soprattutto
se sono piccoli. A volte è sufficiente che si avvicini il testo o l'immagine
agli occhi, ma in tal modo si perde la visione d’insieme; con gli alunni
che hanno scarsa acutezza visiva può essere sufficiente superare le
difficoltà di lettura utilizzando fotocopie ingrandite e preparando
immagini più grandi, disegnate con contorni spessi e marcati e con minore
ricchezza di dettagli.
Si parla di campo visivo limitato per quei soggetti che hanno una sufficiente
visione centrale, ma non laterale; è un po’ come se fossero costretti
a guardare attraverso un foro; questi soggetti possono leggere soltanto poche
lettere alla volta, di conseguenza la loro velocità in lettura è bassa.
Come accennato prima, si possono riscontrare altri problemi assai diffusi che
limitano la funzione visiva, ad esempio la difficoltà nel riconoscimento
dei colori, o nella percezione del rilievo, la mancanza di visione binoculare,
la mancanza di resistenza all'abbagliamento, la ridotta capacità di
percezione del movimento. Tutte funzioni che, in misura variabile, possono
limitare fortemente l'operatività necessaria alle attività di
studio, oltre che l'autonomia personale di vita.
Molto importante è la sensibilità al contrasto, cioè la
possibilità di percepire la differenza di luminanza tra immagine e sfondo.
Altro elemento che incide fortemente sulla capacità visiva globale è la
capacità di controllare il movimento degli occhi; se questa viene a
mancare, si hanno movimenti rapidi e involontari degli occhi (“nistagmo")
che impediscono di fissare lo sguardo sul foglio il tempo necessario per mettere
a fuoco e leggere; la persona mette in atto strategie per compensare questo
disturbo, ad esempio cercando di tenere la testa in una posizione in cui il
nistagmo sia di minore intensità.
Non è certo questa le sede per approfondire le diverse forme di deficit
visivo, ma alcune considerazioni funzionali sulla visione sono un prerequisito
imprescindibile per comprendere che cosa si intende per ipovisione, per capire
i diversi limiti operativi che possono derivarne e soprattutto per essere consapevoli
che pur essendo il computer un valido supporto non ci sono soluzioni standard
generalizzabili per tutti.
Tratto da "Silvia Dini, Anna Gettani,
Cristina Martinoli, Tecnologie e ausili per migliorare l'integrazione scolastica
degli alunni disabili visivi" "L'integrazione scolastica
e sociale"
volume v. 5, n. 2, apr 2006 Pagg. 156-161